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Leonardo da Vinci e i Medici: gli incantevoli dipinti del Genio nella Firenze rinascimentale

Lo sviluppo dell'arte nei dipinti di Leonardo da Vinci a Firenze dai suoi primi lavori fino alla partenza per Milano

Leonardo da Vinci: Un viaggio nel cuore dell'arte rinascimentale

03 Aprile 2024

Come Osservare l'Arte

ll giovane Leonardo: esordi artistici e scoperta della luce

La genialità di Leonardo da Vinci viene generalmente esaltata attraverso le sue invenzioni futuriste, a scapito della sua grande sensibilità artistica. Tuttavia per Leonardo, l'arte della pittura costituiva un campo di indagine e approfondimento altrettanto significativo quanto qualsiasi altro ambito di studio ponendo arte e scienza più vicine di quanto si possa pensare.

La carriera pittorica del Genio di Leonardo da Vinci nasce molto presto quando, intorno al 1469, all’età di 17 anni, venne affidato come “garzone” alla bottega di Andrea del Verrocchio a Firenze. Qui Leonardo comincia a maturare un’attenzione per le cose del mondo reale ed in particolare per il comportamento della luce, cogliendo in questa la capacità di definire e plasmare le forme stesse del reale ma anche di attribuire loro grazia ed eleganza senza precedenti.

La prima testimonianza della mano di Leonardo l'abbiamo con un disegno del 1473 in cui egli tracciò con inchiostro bruno su un foglio di carta il Paesaggio del Valdarno, descrivendo con tratto rapido e deciso una veduta che emerge dai suoi ricordi oppure osserva dal vero, in presa diretta. Leonardo si slega completamente dalla storia dell’arte dei secoli precedenti che associava a qualsiasi paesaggio un soggetto di carattere sacro o profano, per concentrarsi esclusivamente sulla veduta, con un’attenzione particolare agli effetti atmosferici prodotti dalla contrapposizione del lontano con il vicino. Egli rinuncia infatti anche alla bellezza descrittiva ricca di dettagli della pittura fiamminga per soffermarsi maggiormente sul senso atmosferico che pervade tutte le cose. Questa è la prima opera di Leonardo con una data, 5 agosto 1473, scritta in un’insolita ma inconfondibile grafia. Emerge qui infatti per la prima volta una particolarità di Leonardo da Vinci: la scrittura speculare, ovvero che va da destra a sinistra. Questa peculiarità è stata spesso interpretata come un tentativo di Leonardo di tenere segreto e incomprensibile ai più il proprio lavoro ma altro non è che la scrittura naturale dei mancini a cui non viene corretto il senso di scrittura. Oggi possiamo ammirare questo disegno presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Galleria degli Uffizi. Nel periodo di realizzazione di questo disegno, Leonardo stava completando l’apprendistato presso la bottega del Verrocchio ma già doveva avere in mente un tipo di pittura, e soprattutto di percezione del mondo, intesa a indagare scientificamente la natura.

I primi passi nel mondo dell'arte

Il primo soggetto di carattere pittorico che ci è pervenuto di Leonardo da Vinci ci viene suggerito da Vasari, il quale, presentando un’opera di Andrea del Verrocchio in cui San Giovanni battezza Cristo, ci dice che a un giovane Leonardo da Vinci venne affidata la realizzazione dell’angelo con in mano alcune vesti. Si tratta del Battesimo di Cristo, opera realizzata per il monastero di San Salvi, fuori le mura di Firenze, e conservata presso la Galleria degli Uffizi. Al tempo della realizzazione di questa tavola, tra il 1475 e il 1478, la bottega di Verrocchio era la più importante di Firenze e il maestro si serviva di molti collaboratori per la realizzazione delle opere. Per questo soggetto Verrocchio dipinse i due protagonisti, ben riconoscibili dal suo stile realistico, con modi ripresi dallo stile fiammingo e un carattere derivato dalla sua sapiente abilità di maestro eclettico, capace di trasformare la sua bottega in un centro polivalente, offrendo opere di pittura, scultura, oreficeria e decorazione per soddisfare la crescente richiesta proveniente da ogni parte d'Italia di prodotti fiorentini. In un secondo momento vennero coinvolti altri due collaboratori: uno, rimasto sconosciuto, responsabile della palma a sinistra e del paesaggio roccioso a destra, e un altro responsabile del volto dell’angelo visto di fronte, attribuito presumibilmente a un giovane Sandro Botticelli. Solo nella fase finale venne chiesto a Leonardo da Vinci di ultimare il dipinto cercando di uniformare le parti già dipinte. A lui attribuiamo quindi il volto dell’angelo di profilo dove si notano già degli elementi imprescindibili della sua pittura come le pennellate trasparenti volte a unificare i piani del paesaggio in profondità e l’uso dello sfumato, ovvero la tecnica, caratteristica di Leonardo, con cui riesce ad attenuare i contorni delle figure e del paesaggio intorno, tendendo quasi a fonderli, attraverso un uso sapiente del colore, con l’effetto atmosferico dell’aria che Leonardo dipana nella scena. Vasari riporta inoltre l'aneddoto secondo cui Verrocchio non avrebbe più toccato il pennello dopo aver visto l'allievo superarlo; in realtà non pare essere vero, ma senza dubbio testimonia, attraverso i vivaci racconti della gente comune, il precoce talento di Leonardo.Alla metà degli anni Settanta Leonardo avviò la sua carriera pittorica autonoma con l’esecuzione di un dipinto da collocare sull'altare principale della chiesa di San Bartolomeo a Monteoliveto, a pochi passi dalle mura di Firenze. Questa pala, raffigurante l’Annunciazione, oggi alla Galleria degli Uffizi, mostra ancora segni dell’influenza di Verrocchio, soprattutto nei panneggi delle vesti plasmati dalla luce, nell’eleganza dei volti e nel gusto tombale della scelta del leggio su cui poggia l’Antico Testamento. Non mancano tuttavia segnali di novità da parte di Leonardo, ad esempio nella morbidezza delle capigliatura e il dettaglio di un lontano paesaggio in cui, tra la nebbia, svettano montagne. È in questa giustapposizione di piani che Leonardo introduce la sua più grande novità: la prospettiva aerea, tecnica che prevedeva una colorazione più tenue e sfumata per le scene rappresentante in lontananza, come se fossero avvolte da una foschia, e una colorazione più netta e decisa per i soggetti vicini, raffigurati minuziosamente proprio perché sotto visione diretta dell’osservatore.

Il dipinto mai terminato e il triste processo

Le giovani sperimentazioni di Leonardo culminarono di lì a poco nell’Adorazione dei Magi, commissionata nel 1481 per l’altare maggiore della chiesa agostiniana di San Donato a Scopeto, nei dintorni di Firenze, oggi conservata dopo un attento restauro alla Galleria degli Uffizi. L’opera fu solo abbozzata dal pittore, per questo ci appare come una sorta di grande disegno preparatorio, tuttavia riesce ugualmente a imprimere una connotazione emotiva e una vitalità nei personaggi rappresentati, non più statici come nell’Annunciazione di pochi anni prima. Appare insolita anche la collocazione dei protagonisti con la Madonna col Bambino seduti sotto un albero, circondati dai Magi e dal loro numeroso  seguito. In secondo piano si scorgono delle scale e degli archi di un edificio in costruzione, alternato all’ormai consolidato paesaggio roccioso. Purtroppo la vita di Leonardo nella volta e raffinata Firenze venne turbata da uno scandalo e da un processo sulla sua omosessualità, che ebbe tristi e non del tutto chiare conseguenze nella già complessa mente di Leonardo, il quale preferì abbandonare il luogo che gli aveva insegnato tutto per cercare un posto lontano dalle malelingue e dall’ipocrisia religiosa che potesse stimolarlo ancora una volta a grandi invenzioni. Fu così che nel 1482 partì alla volta di Milano, lasciando incompiuta la pala per San Donato a Scopeto e costringendo i committenti a rivolgersi a Filippino Lippi, pittore ben affermato nella cerchia artistica fiorentina, per realizzare un’opera di soggetto analogo.

Leonardo a Milano e il suo ritorno nella Firenze repubblicana

Nei primi anni a Milano Leonardo proseguì con gli studi di meccanica, le invenzioni di macchine militari, la messa a punto di varie tecnologie. I documenti sembrano indicare che l'accoglienza di Leonardo nell'ambiente milanese fu piuttosto tiepida, non ottenendo inizialmente gli esiti sperati andandosene da Firenze. Verso il 1485 doveva essere già entrato nella cerchia di Ludovico il Moro, duca di Milano dal 1480, per il quale progettò con versatilità sistemi d'irrigazione, dipinse ritratti, approntò scenografie per feste di corte. Ludovico era un signore colto e appassionato in vari campi dalle lettere alle arti fino alle armi, cosa che spronò molto l’ingegno di Leonardo e la sua apertura alle novità scientifiche e tecnologiche. Durante il periodo milanese, Leonardo da Vinci ebbe modo di approfondire il tema del ritratto, sfruttando gli studi anatomici iniziati a Firenze. Si concentrò particolarmente sui legami tra le espressioni facciali e gli stati d'animo, osservando come le caratteristiche esteriori potessero riflettere aspetti psicologici e qualità morali.

Quando sul finire del 1499 Milano fu occupata dai francesi guidati da Luigi XII, Leonardo da Vinci cominciò una serie di viaggi e peregrinazioni che lo condussero a visitare molte corti diverse e a tornare per brevi periodi a Firenze. Qui trovò uno scenario molto diverso da come lo aveva lasciato: nel sacro e tumultuoso crogiuolo dell'epoca rinascimentale l'ardente fiamma della libertà si levò dalle profondità dell'animo fiorentino. Le strade risuonavano dei gridi ferventi dei cittadini assetati di autonomia, mentre le piazze si coloravano di bandiere vibranti di speranza e di ideali. Con impeto irrefrenabile, i fiorentini si eressero come leoni indomabili, sfidando le catene della tirannia dei Medici e proclamando con fierezza il trionfo della democrazia. In quel fragoroso turbine di passioni e coraggio, nacque la Repubblica Fiorentina, un baluardo di libertà e di virtù che avrebbe fatto da sfondo all’ideale della rinascita umana. La Repubblica Fiorentina negli anni in cui Leonardo torna a Firenze è governata dal gonfaloniere, ovvero l’ufficiale pubblico di alto rango, Pier Soderini. Lo stesso gonfaloniere affidò a Leonardo l’incarico di decorare una delle grandi pareti del nuovo Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio. Quest’opera doveva essere grandiosa per dimensioni e ideazione, proprio per celebrare la Repubblica contrapponendosi con eguale potenza creativa alle tante opere d’arte volute dai Medici. Forse per dare ancora più senso alla contrapposizione tra passato e presente, per dipingere le due grandi pareti opposte del Salone vennero scelti due artisti contrapposti dal punto di vista personale e artistico: Leonardo da Vinci, calmo e riflessivo, spinto dalla sete di conoscenze nelle diverse discipline, e Michelangelo, di ventitré anni più giovane, segnato da un’infanzia vissuta in povertà e costretto dal padre a nascondere la propria arte.

L'ultima commissione tra misteri ed eredità

La scena affidata a Leonardo fu la Battaglia di Anghiari, cioè un episodio degli scontri tra l’esercito fiorentino e quello milanese il 29 giugno 1440. Per ragioni diverse nessuna delle due pitture murali venne portata a termine, forse per l’inadeguatezza della tecnica, che si rivelò drammaticamente inadatta quando ormai era troppo tardi, come per l’Ultima Cena. Alcuni studiosi credono che Leonardo non abbia mai messo mano al dipinto vero e proprio e che le fonti che citano l’opera potrebbero aver visto una grande parte del disegno preparatorio di Leonardo, parzialmente colorato e applicato sul muro dopo che Leonardo aveva smesso di lavorarci. Per questo esistono alcune copie antiche di altri autori famosi tra cui Peter Paul Rubens. Comunque siano andate davvero le cose, circa sessant'anni dopo, il salone contenente le opere venne allargato per volere di Cosimo I e nuove decorazioni vennero commissionate a Giorgio Vasari. Non sappiamo quello che trovò Vasari al momento della realizzazione dei suoi affreschi, se fossero ancora presenti frammenti delle opere di Leonardo e di Michelangelo o se l’artista li abbia distrutti prima di dedicarsi alle sue decorazioni. Alcuni sostengono che Vasari li abbia nascosti sotto un nuovo intonaco o una nuova parete, un dettaglio accende però la curiosità nell’osservatore: la suggestiva scritta “Cerca Trova” in una degli stendardi rappresentati da Vasari. Ricerche e saggi finora condotti non sono ancora riusciti a risolvere completamente il mistero e questo rimane soltanto uno dei molti interrogativi che aleggiano intorno alla figura di Leonardo da Vinci. 

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